Scopro dunque grazie alla mia teen-trentenne amica
esperta di social network, che Le Mil e Una Notte sembra in casa sua il deserto del
Gobi in bassa stagione -un commento risalente alla primavera del ’96 e
una manica di followers remunerati- ma in realtà tutto il mio sapere,
tutta la mia saggezza, tutti i miei profondi argomenti stanno
scorazzando liberi e felici per il web.
Le dinamiche della faccenda rimangono a me ignote. Ammetto che cambiare il font del titolo lo trovo giù un personale successo tecnologico.
Emozionante.
Ho
provato la gioia della solidarietà femminile e un minuto dopo il gusto
amaro della critica spietata. Il rovescio della medaglia di una
prorompente celebrità.
Già.
Dunque
mi rivolgo a te, critico delLe Mil e una Notte. Mi rivolgo a te
scettico lettore. Mi rivolgo a te esigente intellettuale dei tempi
moderni.
Non vale la pena indignarsi per qualche parola qui ivi scritta perché si tratta, per
dirla in francese stretto, di una manica di cazzate.
Si tratta di dare voce a una minima parte di tutte le boiate che mi vengono in mente.
L’obiettivo
è stirare la bocca, inarcare le labbra ed eventualmente mostrare i
denti. Ad alcuni si piega di più un angolo e ne esce una smorfia
bizzarra, va bene uguale. Se parte la sganassata, olè, si superano le
aspettative.
Stop.
Solo
perché ridere è bello, è bello perfino con l’apparecchio fisso e gli
elastici fluorescenti e i pezzi del panino incastrati tra i ganci.
Ridere
è sul podio delle cose più belle insieme con il fare l’amore la
domenica mattina e il mangiare la parmigiana di melanzane di nonna
Cecilia, devo ancora decidere l’ordine, ma insomma, per capirci.
E mi rivolgo in particolare a te, macho man che ti sei sentito offeso nell’intimo da un mio post.
Se
tu avessi del tempo da scialacquare, tipo quei minuti nella sala
d’attesa del dentista quando l’unica rivista libera è Cavalli e Segugi, ti chiederei di leggere qui, o qui di come il soggetto di cui preferisco
ridere è il mio io-me-medesima. In quanto fonte inesauribile di
minchiate cosmiche, situazioni imbarazzanti, biondezza vera.
Insomma non è che io sia misandrica. misandriaca. misandrologia. Non è che odi gli uomini.
Cari uomini, lo confesso.
Io v’amo.
V’amo perché quando ci abbracciate ci fate sentire sicure come dentro a un rifugio antiaereo.
V’amo perché sapete cambiare le lampadine e non vi schifa gettare il sacco dell’umido.
V’amo per il pendolo di Focault nonostante le sue saccocce molli.
V’amo quando cercate di coprire le scoregge con un abile colpo di tosse.
V’amo per i bacini dolci e i limoni a tubo.
V’amo quando ci accompagnate a fare shopping nei centri commerciali e vi adagiate sui divanetti alzando bandiera bianca.
V’amo
quando ci guardate in quel modo che ci fa sentire fighe come Angelina
Jolie, che fino a un minuto prima ci sentivamo fighe come Rosi Bindi.
V’amo
perché ordinate sempre il piatto più lurido del menù, così possiamo
ordinare il secondo più lurido senza sentirci in colpa.
V’amo perché a volte siete molto più divertenti di noi donne. Ma non sempre eh???
E v’amo soprattutto perché nella categoria rientra l’uomo perfetto, l’eroe di ogni donna, il cavaliere senza macchia.
Colui
che nulla ignora e che ha una risposta a qualsiasi quesito e che può compilarti
la constatazione amichevole per telefono e che sa chi era il giudice di Giochi Senza Frontiere dell’89.
Il Manny Aggiustatutto del tuo cuore, il Gandalf di ogni situazione.NB.
Smentisco con forza la teoria che vede le figlie idealizzare i propri padri. Trattasi di fatti oggettivi e non sindacabili.
Se si tratta del mio poi, non ne parliamo.
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